Abbandoniamo per un attimo le creature dei famosi miti di Cthulhu per concentrarci per qualche tempo sui racconti giovanili o meno famosi dell'autore. Il primo che vorrei analizzare è "l'essere nella caverna", scritto dal giovane Lovecraft all'età di solo quindici anni che presenta un forte richiamo alla più classica letteratura gotica; il carattere generale e la tecnica di narrazione utilizzata è molto simile a quella sfruttata oggi per molte creepypasta.
trama
La vicenda, come di solito narrata in prima persona, si svolge in una isolata e remota grotta nella quale il protagonista si è smarrito, allontanandosi dal gruppo di visita guidata cui stava partecipando. Il narratore è sprovvisto di una torcia e cerca a tentoni una via di fuga aggirandosi per le buie, immense e labirintiche vastità della caverna. Mentre si avvicina ad una pozza d'acqua calcarea la sua attenzione viene attirata da un sottile e debole suono di passi provenienti da un luogo indefinito. Sperando in un provvidenziale quanto improbabile soccorso il protagonista urla più volte nel buio per sperare di attirare il suo (presunto) salvatore nella sua posizione attuale. Ascoltando però l'eco dei passi che nel frattempo si sono avvicinati egli ne deduce che non si tratta di un essere umano ma bensì di un animale che produce il tipico suono di una camminata quadrupede. Il protagonista, sconcertato e allarmato da quest' inaspettata scoperta, si rannicchia dell'ombra, stringendo nella mano un sasso da usare come arma nel caso in cui l'essere sia ostile o in cerca di prede. Preso da un atto di coraggio egli si slancia alla cieca sulla creatura colpendola violentemente sul cranio, facendola accasciare a terra apparentemente morta. A causa del fitto buio non è in grado di esaminare l'animale appena abbattuto. Qualche minuto dopo sente nuovamente dei passi provenienti dalle sue spalle, che con estrema gioia classifica come umani: la guida, venuta a conoscenza della sua mancanza nel gruppo di visita, si era messa in cammino con una torcia elettrica, sperando di recuperare il turista. Egli corre subito incontro all'aura di luce chiara della torcia e, trovata finalmente l'accompagnatrice le racconta il fatto appena accaduto, indicando la bestia a terra poco distante da lui; con l'ausilio della luce il protagonista può finalmente studiare l'animale che ha aggredito: pare una scimmia di grosse dimensioni con vaghe somiglianze all'uomo, il pelo molto bianco, occhi neri (che indicano una lunga permanenza nella caverna) e presenta lunghi artigli sulle zampe. Poi il narratore parla di un suono, un suono sottile e incerto che proviene dalla creatura che si rivela non ancora spirata, ma in uno stato di svenimento; questo suono fa impallidire e riempie d'orrore il protagonista che fugge assieme alla guida, lasciando la creatura in agonia: "...poiché il suono profferito dalla figura
abbattuta e riversa sul pavimento di calcare ci aveva rivelato la spaventosa
verità. La creatura che avevo abbattuto, la strana bestia dell'incommensurabile caverna, era, o un tempo era stata, un uomo.".
commento personale
Come già scritto nell'introduzione lo stile, le tematiche e la struttura di questo brano si discostano ben poco da quelle utilizzate oggi nei racconti creepypasta. Il testo, che ricordo essere stato scritto dall'autore a quindici anni, anticipa la figura che ricorrerà più volte nei suoi scritti giovanili: Il buio.
E' interessante notare che vista l'assenza di visibilità dovuta all'oscura e tenebrosa grotta, l'attenzione del protagonista si sposta su una percezione uditiva dell'ambiente che lo circonda.
La creatura, che un tempo era stata umana, assomiglia molto allo Yeti (in italiano "uomo delle nevi"), creatura fantasiosa delle regioni del Nepal.