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venerdì 6 maggio 2016

lovecraft[02]-Nyarlathotep

Il racconto "Nyarlathotep" è una delle visioni più pessimistiche e catastrofiche dell'universo e di tutto quello che esso contiene; scritto nel 1920, sembrerebbe essere stato frutto di un sogno, inducendo Lovecraft a comporlo nel cuore della notte, senza aspettare le luci dell'alba. Nonostante il racconto faccia ufficialmente parte del ciclo dei sogni, io, personalmente, lo inserisco nel ciclo di Cthulhu, in quanto vi è la presenza di un dio immaginario che fa parte di quest'ultima raccolta.

trama
Nyarlatothep nella sua forma cosmica
L'apertura, come in quasi tutti i racconti di HPL, spetta al protagonista che con queste parole ci introduce la vicenda: ("Nyarlathotep, il caos strisciante... Io, che sono l'ultimo, parlerò al vuoto in ascolto..."). L'epiteto "caos strisciante" è una perfetta descrizione dei poteri principali della creatura Nyarlatothep il cui nome suggerirebbe una quasi certa provenienza egiziana; Il narratore descrive inizialmente il mondo in cui ha vissuto, nel quale, al culmine di disastri politici e sociali, si aggiungeva una costante paura di un inevitabile pericolo fisico; è in questo scenario distopico che fa la sua comparsa, non si sa ben dove, Nyarlathotep, un uomo che afferma di venire da milioni di anni di oscurità e dal viso assomigliante ad un profilo faraonico; Costui si presenta come un profeta e inizia a dare dimostrazioni delle sue avanzate conoscenze in campo elettrico, psicologico e tecnologico, lasciando sbalordite le persone che assistevano alle sue conferenze. Un giorno il rivelatore fa tappa nella città del narratore ("...una grande, vecchia e terribile città di crimini infiniti.") e comincia a profetizzare visioni d'incubo e terrore, impaurendo anche i più scettici abitanti. Le notti in città diventato un'orchestra di grida di angosciate persone in preda ad orribili e indicibili incubi. Una sera il protagonista, attratto dal desiderio di vedere il mistico mago, decide di avventurarsi in una delle buie soffitte per sperare di scorgere Nyarlatotep, e sedendo nella stanza stipata di gente assiste impotente alle rivelazioni. In quei momenti l'io narrante  perde la cognizione di tempo e spazio, e guidato per le strade ormai deserte e imbiancate dalla neve, si rende conto che la città è preda di un folle delirio ("Camminando notammo che la pavimentazione era sbreccata e solo una traccia di metallo arrugginito indicava il vecchio percorso del tram. Un poco più avanti un tram si era rovesciato su un fianco, malconcio e senza vetri. Guardando verso l'orizzonte non si scorgeva il terzo grattacielo vicino al fiume e notammo che la sagoma del secondo era spezzata verso la cima."). Il gruppo di persone vaga per le strade del caos, dividendosi inconsciamente in aggregazioni sempre più piccole che scompaiono nel nero della notte e nel bianco della candida neve. Il protagonista ormai rimasto solo vacilla per qualche istante su un abisso tenebroso apparso improvvisamente nel terreno, e, sfinito, vi precipita perdendo definitivamente la ragione ("...per un attimo volteggiai sul cieco vortice dell'imponderabile... poi precipitai...Solo gli dèi che furono potrebbero stabilire se fossi ancora lucido o in preda a un muto delirio"), concludendo il racconto con una frase che descrive lo scenario agghiacciante di quelle tenebre: ("E su tutto, in questo ripugnante cimitero dell'universo, si ode un sordo e pazzesco rullìo di tamburi, un sottile e monotono lamento di flauti blasfemi che giungono da stanze inconcepibili, senza luce, di là dal Tempo; la detestabile cacofonia al cui ritmo danzano lenti, goffi e assurdi i giganteschi, tenebrosi ultimi dèi. Le cieche, mute, stolide abominazioni la cui anima è Nyarlathotep.").

commento personale
Nyarlathotep è uno dei racconti più suggestivi e fantastici mai usciti dalla penna di Lovecraft, infatti presenta una ampia tessitura onirica che fa da sfondo alla vicenda narrata. In questo brano egli comincia a consolidare e approfondire l'idea immaginaria di un universo ripugnante governato da leggi e creature orribili, indicibili e indescrivibili. La figura di Nyarlathotep apparirà molto spesso, per allusioni, nei successivi racconti, nei quali però, verrà ritratto come un' enorme massa gelatinosa e informe (l'aggettivo strisciante infatti si addice molto bene a questa presentazione), ma viene anche detto che ha la facoltà di mutare forma fisica.
La creatura, secondo la leggenda, fa da tramite tra la corte di Azathoth e il nostro mondo, per questo viene anche chiamata "il messaggero cosmico" (vedi cenni sul pantheon lovecraftiano).


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